Text of CDF Proposal for Paul VI’s ”Regolazione delle Nascite”

Andrew Guernsey
34 min readOct 21, 2018

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[Text published in Gilfredo Marengo, The birth of an encyclical. Humanae Vitae in the light of the Vatican Archives, (Vatican Libreria Editrice Vaticana, 2018), pp. 193–213]

Nota: Sono stati evidenziati in corsivo i passi sui quali la Commissione propose alcuni dubbi chiedendo a Paolo VI d’ scioglierli, v. supra 101–102.

TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE DELLA S.C. PRO DOCTRINA FIDEI PER IL DOCUMENTO PONTIFICIO “REGOLAZIONE DELLE NASCITE”

11–25 GENNAIO 1968

1) Già più volte abbiamo avuto occasione di esprimere qualche Nostro pensiero sul problema oggi cosi vivo della regolazione della natalità. Non abbiamo taciuto la Nostra preoccupazione e Io sforzo compiuto attorno ad esso, lo studio che ne abbiamo fatto e la collaborazione alla quale abbiamo invitato pastori, fedeli, teologi e studiosi delle discipline interessate.

Ci premeva, infatti, in argomento tanto grave, di usare tutti i mezzi a Nostra disposizione per poter dire una parola ponderata, fedele ai principi immutabili che la Chiesa tiene, ed aperta a considerare le situazioni nuove, i nuovi problemi e gli aspetti nuovi, che la riflessione umana esprime su di un argomento che tocca tanto intimamente la vita e la felicità quotidiana e il bene fisico e spirituale degli uomini.

La Chiesa si sente più che mai impegnata in questo momento della sua stona, anche per l’ispirazione del Concilio, a fare propri tutti i problemi dell’umanità: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angoscia degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angoscia dei discepoli di Cristo, nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (Gaudium et spes n. 1).

Ora tutti conoscono bene, insieme con le gioie che apporta, quali sono le difficoltà e le angustie che la attuazione della natalità suscita e quali sono i tentativi di soluzione che al problema da essa posto cercano di dare gli uomini, molti dei quali non sono affatto mossi da motivi meno nobili: sono anzi desiderosi di procurare il bene delle famiglie dei popoli, dell’umanità intera.

I. ASPETTI NUOVI DEL PROBLEMA E COMPETENZA DEL MAGISTERO

2) Sempre l’adempimento del compito di trasmettere la vita ha comportato responsabilità e sacrificio per gli sposi; ed i più riflessivi tra essi ne erano consapevoli. Talvolta ha posto di fronte ad alternative dolorose, quando la generazione dl un figlio poteva comportare un pericolo di vita per la madre od un grave pregiudizio per la sua salute, oppure quando un nuovo figlio poteva rendere più difficile l’adempimento dei doveri familiari verso i figli già esistenti, o comportava un aggravio notevole di una situazione economica già precaria. La Chiesa non ha mancato anche per il passato di ricordare, assieme con la grandezza dei compito di donare la vita, anche la responsabilità che ciò Importa verso Dio, verso la società e verso i figli L’insegnamento circa il retto uso dei diritti coniugali, la disciplina di alcuni impedimenti matrimoniali, il richiamo del dovere educativo che cosa erano se non una educazione al senso di responsabilità connessa con un compito tanto grande?

3) Oggi però questo problema si pone certamente in modo nuovo e, sotto alcun aspetti più grave che per il passato per diversi motivi.

— Il veloce sviluppo demografico, particolarmente in alcune regioni fa ritenere molto difficile il compito di provvedere sufficienti mezzi di vita e una condizione veramente umana là dove non avvenga, contemporaneamente all’aumento della popolazione, uno sviluppo di attività produttiva ed una organizzazione sociale ed educativa adeguata.

— Le condizioni della civiltà moderna e industriale creano alla famiglia situazioni tali da rendere spesso molto difficile la cura di un numero elevato di figli, per le condizioni di alloggio e di lavoro, per le accresciute esigenze di istruzione, per le stesse aumentate esigenze economiche di tutta la famiglia.

— Si aggiunga che nel costume e nella valutazione comune molte abitudini sono mutate, e non sempre in male, nel modo di considerare la dignità della donna ed il suo compito nella famiglia e nella società, nel valore attribuito all’amore coniugale quale cemento ed anima della vita familiare e fattore prezioso di sintesi perfezionamento dei coniugi, per il bene loro e dei figli, e dell’intera società. Inoltre un nuovo modo di considerare la stessa vita sessuale dell’uomo si affaccia degno esso pure di considerazione. È anche essa un dono di Dio, dotato di un profondo significato per manifestare ed alimentare l’amore coniugale: quella singolare forma di amicizia umana che la Tradizione cristiana considera come un simbolo dell’amore di Dio per gli uomini e di Cristo per la sua Chiesa e come la indispensabile matrice spirituale d ogni vita umana. Fedele all’insegnamento del Divino Maestro che ha onorato il matrimonio e lo ha dichiarato indissolubile, la Chiesa ha sempre difeso il vincolo d’amore che unisce l’uomo alla donna nella famiglia. (Si potrebbe citare in Nota “Arcanum” e “Casti connubii”).

A questi fatti se ne aggiunge un altro, profondamente caratteristico del nostro tempo. L’uomo moderno ha acquistato una vasta conoscenza della ha appreso a dominarla, a organizzarla razionalmente, a metterla Più al suo servizi. Considera ciò come un suo compito, che come la sua grandezza e la sua gloria. E non è da questo appunto che trae origine l’attuale possibilità di sostentare un numero di uomini lunga maggiore che per il passato?

Questa conoscenze ed il conseguente senso di dominio tendono ad estendersi sempre più all’essere stesso dell’uomo: al corpo, alla vita psichica, sociale, al succedersi delle generazioni ed alle che regolano il dell’umanità. Quasi si direbbe che l’uomo aspira alla gioia di essere creatore di sé stesso e del suo avvenire sulla terra. Se non il creatore dal almeno il creatore delle sue condizioni di vita e di pensiero, della sua felicità e dei valori nei quali incarna il proprio spirito.

4) Da questi motivi sorge in molti la domanda se non siano da rivedere le convinzioni che finora hanno guidato l’umanità circa i diritti e i doveri che riguardano l’uomo stesso nella sua vita individuale, familiare, sociale e nella stessa intima vita coniugale per formulare principi e linee di condotta in accordo con le attuali condizioni di vita dell’umanità.

In particolare la conoscenza più approfondita, oggi raggiunta, dei processi biologici di trasmissione della vita suscita la domanda se la finalità procreativa non sia da considerare un fine nell’insieme de la vita matrimoniale, piuttosto che dei singoli atti coniugali; fine che gli sposi debbono attuare con generosità, ma anche con ragionevole e prudente saggezza. E la accresciuta coscienza della responsabilità personale tende ad attribuire alla ragione e volontà dell’uomo, più che ai ritmi biologici, il compito di regolare la natalità.

Queste domande non sono sollevate soltanto da non credenti o da persone prive di spirito religioso, ma anche dal credenti in Dio Creatore e nella esistenza di una legge divina che regola la vita umana, per condurre gli uomini singoli e l’intera umanità alla loro perfezione ed alla felicità eterna. È sollevata da sposi onesti e sinceramente cristiani, che domandano di essere aiutati a risolvere le loro difficoltà talvolta assai gravi; è sollevata da governanti che desiderano trovare una via onesta ed efficace, veramente e pienamente umana, per risolvere i problemi dei loro popoli; è sollevata da Sacerdoti e anche da Vescovi, preoccupati della vita spirituale dei loro fedeli.

5) Tali domande richiedevano ai supremo Magistero della Chiesa una rinnovata e più profonda riflessione sui principi che hanno guidato nei secoli fino ad oggi la sua dottrina morale circa la vita coniugale.

Noi non possiamo sottrarci a questa responsabilità. La stessa vigilante attesa con cui non soltanto i figli della Chiesa, ma anche l’opinione pubblica del mondo aspettano una Nostra parola è una indicazione del dovere che incombe a chi è costituito guida spirituale dell’umanità di segnalare le vie del retto cammino in un problema tanto grave. Ma soprattutto i figli della Chiesa sanno ciò che i Nostri Predecessori hanno ripetutamente afferma _ to: che Gesù ha costituito il Magistero della Chiesa come guida, interprete e giudice di tutta la legge morale, sia di origine rivelata che appartenente all’ordine morale manifestato dalla retta ragione naturale, perché tutta la legge morale appartiene all’ordine della salvezza di cui la Chiesa è, per volere di Gesù Cristo, custode fedele e soprannaturalmente illuminata (2). Nelle presenti condizioni dell’umanità nelle quali la conoscenza delle verità morali e religiose è facilmente oscurata dalle passioni, l’insegnamento della Chiesa è moralmente necessario perché gli uomini possano conoscere facilmente, con certezza e senza errore tutto l’ordine morale naturale, ed in modo particolare, come è stato sapientemente ricordato dal Nostro Predecessore Pio XI, l’ordine morale relativo al matrimonio ed alla vita coniugale. Per questo è necessario che i fedeli accettino con animo docile l’insegnamento della Chiesa, maestra e custode della verità, e vi aderiscano con l’intelligenza e con la vita, affinché siano preservati dall’errore e dalla corruzione dei costumi (3). Tale dovere, poi di religioso ossequio della mente e fedele obbedienza della volontà, come tutti sanno e il Concilio Vaticano II ha richiamato, non riguarda soltanto le definizioni solenni, ma pure tutte le altre deliberazioni e Insegnamenti del Magistero, e particolarmente del Magistero Pontificio “secondo la mente e la volontà da essi manifestata, la quale si palesa specialmente sia dalla natura dei documenti, sia dal frequente riproporre la stessa dottrina, sia dal tenore dell’espressione verbale” (4).

Noi abbiamo, pertanto, istituito una Commissione alla quale abbiamo domandato contributi di documentazione e di riflessione, che ci aiutassero ad approfondire un problema che nel suo aspetto morale appartiene direttamente alla Nostra competenza e responsabilità. Ed essa ha ben lavorato per parecchio tempo ed ha offerto alla nostra meditazione un abbondante materiale. Ma le conclusioni alle quali è giunta non potevano naturalmente essere considerate senz’altro come definitive e dispensarci da un personale riesame di una questione tanto grave e che direttamente investe la responsabilità del Magistero che ci stato divinamente affidato. Tanto più che non v’era stata concordanza di giudizi circa la dottrina morale da proporsi e soprattutto ché alcuni principi suggeriti si distaccavano dal precedente unanime Magistero della Chiesa.

E dobbiamo era dichiarare che nella documentazione a noi offerta e che abbiamo attentamente vagliato, come pure in quelle ulteriori ricerche, soprattutto nel campo dottrinale che abbiamo attentamente seguito, non esistono ragioni valide che possano indurre le Chiesa a mutare la dottrina da essa costantemente insegnata e che il Magistero ecclesiastico ha più volte con particolare forza dichiarato: una dottrina che affonda le sue radici nell’ordine morale manifestato dalla retta regione e si conforta della superiore legge della Divina Rivelazione.

6) Noi non ignoriamo i sacrifici, talvolta anche eroici, richiesti dall’osservanza della legge divina, nelle difficoltà esistenti nei popoli; tuttavia diciamo questo per dovere di fedeltà a Dio, e animati dell’immenso amore per l’umanità che la Chiesa ha appreso dal suo Maestro. Noi non desideriamo altro che il bene degli uomini, il vero e pieno bene di tutti gli uomini: per questo ci sentiamo responsabili dinnanzi a Dio di indicare la via che a lui conduce, la via dell’onestà e della giustizia, la via dell’amore autentico e della salvezza.

Il Nostro pensiero non sarà facilmente compreso e condiviso da tutti. Ma Noi abbiamo pure fiducia che gli uomini, rientrando nell’intimo dell’animo loro ed ascoltando i loro più profondi pensieri e aspirazioni, arriveranno a comprendere quanto vera, quanto onesta, quanto benefica sia la legge divina presentata dalla Chiesa. Non vuol distruggere la vera felicità terrena quel Dio che per puro amore ce ne ha preparato una celeste ed eterna.

II. LA DOTTRINA

7) Per ben comprendere i principi che devono illuminare la soluzione del problema attuale della natalità non possono bastare osservazioni e conoscenze particolari, siano esse sociologiche, demografiche, biologiche o psicologiche: è necessario invece elevarsi ad una visione integrale dell’uomo, del suo essere, della sua vocazione universale e differenziata, del suo destino eterno e del posto che nella vocazione dell’uomo hanno le grandi realtà dell’amore e del matrimonio.

Noi non possiamo qui esporre in tutta la loro ampiezza questi temi, che attirano tanto facilmente l’attenzione degli uomini moderni. Ci limiteremo a dire che non ci sono estranei, e che siamo persuasi che le nuove cognizioni scientifiche non contraddicono ai principi, ricavati dalla più universale esperienza umana ed illuminati dalla Rivelazione, con i quali finora la Chiesa ha guidato gli uomini nella interpretazione dell’ordine morale della vita coniugale.

Ci soffermiamo piuttosto a richiamare, completare ed illustrare il pensiero della Chiesa, quale è stato recentemente presentato in forma autorevole dal Concilio Vaticano il nella Costituzione “Gaudium et Spes”. Essa, Infatti, conservando intatta la dottrina costantemente insegnata dal Magistero della Chiesa, ne sviluppa felicemente alcuni aspetti, come la importanza dell’amore coniugale ed il valore positivo della sessualità umana nel Matrimonio e del senso di responsabilità che deve presiedere all’esercizio della paternità. Intendiamo quindi sciogliere quella sospensione di giudizio definitivo sulle vie da seguire nell’onesta regolazione della natalità, che trovasi accennata nella menzionata Costituzione (v. 51, nota 14).

8) Dio, che è amore, non altro desidera se non che l’amore nell’umanità si accenda, si moltiplichi, si diffonda, divenga sempre più generoso e puro, e quindi nel pieno sviluppo di un amore autentico sta la vera perfezione e la felicità dell’uomo, creato ad immagine di Dio.

Il matrimonio non proviene dal caso o da una evoluzione di inconscie forze naturali: il matrimonio è una istituzione dell’amore di Dio per promuovere molteplici beni e diffondere un vero amore nell’umanità. Per questo Dio li ha creati uomo e donna: due esseri complementari, che in una reciproca donazione personale, propria ed esclusiva degli sposi, tendono non soltanto al godimento di una gioia sensibile, ma a significare e ad attuare una comunione degli animi, per un aiuto e perfezionamento vicendevole, l’aspirazione da attuare assieme di collaborare con Dio per la generazione di nuove vite umane e per la loro formazione. Il matrimonio è quindi ordinato ad instaurare la più intima e profonda comunione di persone mediante il vincolo singolare dell’amore coniugale, per un’altissima missione che non esaurisce il suo significato soltanto nell’ambito dell’esistenza terrena, ma prepara degli esseri destinati a durare in eterno.

È necessario che gli uomini meditino e comprendano bene le caratteristiche dell’amore coniugale, se vogliono essere in grado di comprenderne le grandezze, le esigenze, la missione. È un amore totale, e un amore fedele e definitivo, è un amore volontario, e un amore fecondo. 9) — È un amore totale, cioè una particolare forma di amore personale che non ammette indebite riserve; che non degenera in uno sfruttamento dell’altro, in un calcolo di vantaggi ottenibili; ciò non sarebbe più vero amore: chi ama davvero non ama soltanto per quanto riceve dal coniuge, ma Io ama per se stesso e per poterlo aiutare con il dono di sé. Ed è un amore fedele per tutta la vita. La fedeltà alla persona prescelta e fedeltà fino alla morte, sono le condizioni che distinguono l’amore umano dall’attrattiva istintiva degli esseri inferiori, sono la sua grandezza e la sua nobiltà. Non si dica che tale amore è impossibile: si dica piuttosto che è la segreta speranza, e l’aspirazione dell’uomo e della donna nel momento in cui assumono con serietà quell’impegno vicendevole che comporta il vincolo matrimoniale. Si ammetta pure che è difficile, specialmente fuori dalla luce completa del Cristianesimo e della sua forza educatrice. Ma si riconosce anche che questo è il termine verso il quale la Rivelazione divina, in accordo con le aspirazioni più nobili dell’uomo orienta la sua progressiva educazione: la donazione reciproca totale e fedele integra ed eleva la attrattiva istintiva dell’uomo e della donna al grado di amore veramente umano, nel quale si riflette un raggio dell’amore di Dio.

L’amore coniugale è volontario cioè non è un semplice trasporto del sentimento ma un atto della libera volontà che, come deve sostenere l’impegno giuridico di una donazione reciproca, esclusiva e definitiva, cosi deve anche ispirare tutta la vita coniugale. Questo amore è destinato a crescere con l’esperienza delle vita quotidiana, delle sue gioie e dei suoi sacrifici per far si che gli sposi divengano veramente, secondo l’espressione biblica, “una caro” un cuor solo ed un’anima sola e raggiungono la loro piena maturità e perfezione: lo sperimentano i coniugi fedeli; lo provano in qualche modo anche coloro che, non volendo il sacrificio, impoveriscono l’amore vicendevole fino sua rottura.

L’amore vicendevole degli sposi è fecondo; non si esaurisce In una comunione a due (tra gli sposi), ma è destinato a diffondersi ed a perfezionarsi proprio collaborando nel modo più intimo con l’amore di Dio. “Nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla, che deve essere considerato come la loro propria missione. i coniugi sanno di essere cooperatori dell’amore di Dio Creatore e quasi suoi interpreti” (“Gaudium et Spes, no 50). Non soltanto la struttura fisica dell’uomo e della donna è ordinata alla generazione, ma la loro stessa complementarietà psichica e spirituale è intesa alla costituzione di quell’ambiente familiare sereno, armonico e spiritualmente ricco, di cui i figli hanno bisogno come di una matrice spirituale per crescere convenientemente. (Cfr. S. Th. 2–2, q. 10, a. 12 c).

10) Come ha detto il Concilio, l’amore coniugale si esprime e si nutre In modo particolare con quella donazione vicendevole che è propria degli atti della vite coniugale. Questi atti, con i quali i coniugi si uniscono in casta intimità, sono onesti e degni, e sono per loro natura ordinati alla piena comunione umana degli sposi e ai loro reciproco perfezionamento (5). La Chiesa insegne pure che essi sono legittimi anche quando non si può avere Prole per cause indipendenti dalla volontà dei coniugi: essi non hanno quindi come unica ragione la procreazione. Ma ispirandosi alla parola di Dio e alla esperienza universale dell’umanità, la Chiesa ha inoltre sempre insegnato ed insegna che gli atti propri della vita coniugale [l’espressione “atti propri della vita coniugale” in latino dovrà essere presa di peso dalla “Casti Connubii”: quemlibet matrimonii usum: perciò nel testo italiano ufficiale a “gli atti propri della vita coniugale” si dovrà sostituire un’espressione che renda letteralmente quemlibet matrimonii usum] da parte dei coniugi devono rimanere aperti alla trasmissione della vita umana (6), e quindi eseguirsi nel rispetto dell’ordinazione divina.

Certamente, come ben si sapeva per comune esperienza non sempre una vita nuova segue ad ogni singolo atto di incontro coniugale: Dio ha sapientemente disposto leggi e ritmi naturali di fecondità, che rendono possibile una ordinata attuazione della paternità. Ma è solo nel matrimonio e mediante la reciproca donazione amorosa degli sposi che le nuove vite umane sorgono in modo veramente degno dell’uomo, come nuovi germogli della natura umana, destinati a crescere armonicamente quale frutto segno ed impegno dell’amore reciproco degli sposi. La missione inoltre di trasmettere la vita e di educarla e le comuni responsabilità verso i figli lungi del costituire un ostacolo all’amore vicendevole degli sposi, all’aiuto e perfezionamento reciproco, ne costituiscono anzi uno stimolo efficace che appiana la via ad una perfezione maggiore ed all’attuazione della missione più alta, quella di essere personalmente interpreti dell’amore creatore di Dio.

Dovere dunque degli sposi è il rispetto dell’ordinazione alla fecondità, tale ordinazione che è evidentemente iscritta nella natura stessa della mutua donazione degli sposi, non consente che l’intima vite coniugale si conclude in un semplice atto di comunione tra loro, ma esige che rimanga aperta, di per sé, alla trasmissione della vita, che Dio, autore di questa struttura dell’istituto coniugale voglia suscitare.

11) Realtà umana tra le più grandi ed elevate per quanto esso significa e dona egli sposi, l’amore coniugale assume una dignità nuove ed ancora Più alta nella paternità. Per questo richiede negli sposi quel senso di paternità responsabile su cui oggi molto si insiste.

Paternità responsabile si può intendere:

In rapporto alla irresponsabilità dell’istinto, della passione, dell’erotismo; e sia bene: la procreazione dev’essere governata dalla ragione, dall’amore cosciente delle sue implicazioni e delle sue finalità e della sua umana spiritualità;

Ovvero, in rapporto al processo puramente biologico che fa parte della legge della natura; anche questo processo dev’essere soggetto alla responsabilità, e perciò rispettato e messa in azione quanto e come la norma della vita lo consente;

Ovvero responsabile di fronte alla valutazione cosciente, al giudizio ponderato e solidale dei due coniugi, che insieme calcolano il bene fisico, economico, psichico, sociale della famiglia e della società: e questo il senso che l’espressione “paternità responsabile” va assumendo nella mentalità comune.

Ma la responsabilità comporta un altro rapporto, di fronte all’ordine morale oggettivo, di cui la coscienza è voce che ricorda, prescrive, interpreta, ma non crea arbitrariamente. Le responsabilità non è liberatrice dalla norma che presiede alla vita, ma piuttosto vincolatrice; e nel caso della vita coniugale le responsabilità deve aver fine nell’intrinseca struttura del coniugio e nella missione del matrimonio l’espressione, eteronoma ma immanente, della legge morale, della intenzione creatrice di Dio, la quale sola rende onesta, nobile e perfezionante la vita coniugale.

L’esercizio responsabile della paternità esclude dunque che gli sposi abbiano diritto di procedere a proprio arbitrio, come se essi potessero determinare da sé le vie oneste da seguire nella attuazione della vita coniugale e del compito di trasmettere la vita. Implica invece che essi devono adempiere la loro missione di cooperatori e interpreti dell’amore di Dio creatore con coscienza pienamente consapevole del loro doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia, verso la società, in una retta gerarchia dei valori. Gli sposi “con docile riverenza verso Dio si formeranno un retto giudizio con riflessione ed impegno comune, tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli già nati che di quelli che si prevede nasceranno, valutando le condizioni del proprio tempo e del proprio stato di vita, tanto nel loro aspetto materiale che spirituale ed infine guardando al bene sia della comunità familiare che della società e della Chiesa” (Gaudium et Spes, n. 50) .

Nel formarsi questo giudizio, che è loro compito e loro diritto, gli sposi devono ricordare che la stessa grandezza del dono ricevuto e del compito affidato, che il mette in immediato rapporto con Dio, richiede da essi che nella loro condotta “siano sempre retti da una coscienza conforme alla legge divina, della quale è interprete autentico il Magistero della Chiesa non Soltanto per quanto riguarda i fini ed i criteri generali, ma pure per quanto riguarda le vie di una onesta e responsabile attuazione della paternità (Gaudium et Spes, nn. 50 ss).

Soltanto cosi la loro decisione sarà veramente conforme al volere di Dio e interprete del suo amore.

12) La Chiesa già più volte nel passato per la voce del Magistero autentico, ha esposte la dottrina morale riguardante le vie per la attuazione della vita coniugale e del compito della fecondità in modo onesto, responsabile ed umano.

Tale dottrina è fondata sulla connessione inscindibile, da Dio volta e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra il significato unitivo e il significalo procreativo dell’attività coniugale e gli uomini d’oggi dovrebbero essere i più capaci di comprenderne la profonda ragionevolezza. Infatti per sua intima struttura l’attività coniugale, mentre unisce profondamente gli sposi cementando la loro comunione spirituale, li rende atti alla generazione di nuove vite secondo leggi inscritto nell’essere dell’uomo e della donna e delle loro funzioni vitali. Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali (unitivo e procreativo), l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all’altissima dignità e vocazione dell’uomo, chiamato ad essere cooperatore di Dio, Creatore e Ordinatore di tutto ciò che riguarda la vita umana.

Come gli uomini giustamente avvertono che un atto coniugale imposto al coniuge senza riguardo alle sue condizioni ed ai suoi legittimi desideri, non sarebbe un vero atto di amore e negherebbe pertanto un’esigenza del retto ordine morale nei rapporti tra gli sposi, cosi gli uomini riflettendo dovranno anche riconoscere che un atto di amore reciproco che pregiudicasse la disponibilità a trasmettere la vita che Dio Creatore secondo particolari leggi vi ha immesso, sarebbe in contraddizione con il disegno è il volere di Dio, Autore della vita umana. Usare di un dono di Dio distruggendo, anche soltanto parzialmente, il significato e la finalità del dono stesso è certamente contraddire il disegno sapiente di Dio e la sua volontà: e quanto maggiori sono il valore e la finalità del dono divino, tanto più grave appare il distacco dalla Sua volontà. Usare invece del dono dell’amore coniugale rispettando le leggi del processo generativo iscritte nell’essere stesso dell’uomo, significa conformarsi al disegno di Dio e usare delle energie naturali con intelligenza e docile volontà, quali veri collaboratori suoi. L’uomo non è il padrone delle sorgenti della vita umana, ma ne ha soltanto il legittimo uso.

Infatti, come nel suo corpo in generale, l’uomo non ha un dominio illimitato, cosi non lo ha neppure e con particolare ragione, sulle sue facoltà generative in quanto tali, a motivo della loro singolare ordinazione intrinseca a suscitare la vita umana di cui Dio è principio. L’uso di queste facoltà non può mai escludere positivamente tale finalità, neppure subordinarla al bene personale degli sposi o a quelle della comunità familiare o della società. L’uomo quale saggio amministratore delle proprie facoltà, deve tendere nel loro uso ad attuare nel miglior modo possibile tutti i fini per i quali direttamente Dio le ha volute, nel rispetto però della gerarchia dei valori.

“È la osservanza dell’ordine morale quella che conferisce valore e dignità all’azione umana, che conserva alla persona la sua rettitudine protende e la mantiene al posto che le spetta nell’insieme della creazione” (7).

Per questi motivi la Chiesa, interpretando con incontestabile autorità l’ordine morale stabilito da Dio, mentre ha ripetutamente proclamato la dignità del matrimonio e i suoi alti valori umani e religiosi, ha in pari tempo sentito il dovere di alzare la voce per condannare ogni intervento che defraudasse l’atto coniugale del suo congiunto ordine alla procreazione (8). E poiché non possiamo pensare che all’insegnamento costante del Sommi Pontefici e a quello del Magistero ordinario universale intorno a verità riguardanti la morale e quindi l’eterna salute di tutti i credenti, sia mancata la speciale assistenza dello Spirito Santo che ne garantisse l’infallibile giudizio, anche Noi ci sentiamo obbligati a Proclamare nuovamente tale legge divina la quale stabilisce e difende la santità e la nobiltà dell’intima vita coniugale, a perciò dobbiamo rinnovare tale summenzionata condanna.

La Chiesa ha invece ammesso ed ammette senza reticenze una legittima e motivata utilizzazione dei ritmi naturali immanenti alle funzioni generative per una onesta regolazione della natalità.

Dobbiamo quindi escludere dalle vie lecite, per la regolazione delle nascite, ogni diretto intervento mirante, come a mezzo e come a fine, ad impedire la possibilità naturale della concezione, sia nell’attuazione dell’incontro coniugale come nelle facoltà generative, qualunque si l’artificio o il tempo.

Tanto più gravemente è da escludersi come via lecita la diretta interruzione del processo generativo, già iniziato, e soprattutto l’aborto diretto anche se praticato per ragioni terapeutiche (9).

“Dio, infatti, padrone della vita, ha affidato agli uomini l’altissima missione di proteggere la vita: missione che dev’essere adempiuta in modo degno dell’uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura e l’aborto, come l’infanticidio, sono abominevoli delitti” (10).

Si esclude altresì, come la Chiesa ha dichiarato in altre occasioni, la sterilizzazione diretta sia perpetua sia temporanea, sia dell’uomo sia della donna, se mira come a mezzo o come a scopo ad impedire gli effetti connaturali dell’incontro coniugale (11). E questo in virtù della stessa legge più volte Endicata: “Iddio solo è il Signore della vita e dell’integrità dell’uomo, delle sua membra, dei suoi organi, delle sue potenze, di quelle particolarmente che lo associano all’opera creatrice” (12), e non può l’uomo attuarle in una maniera che contraddice alla loro naturale ordinazione.

È manifesto, al contrario, che non escludiamo affatto l’uso legittimo dei mezzi terapeutici necessari per curare le malattie o per assicurare lo svolgimento nascita di un’enciclica 204 mento normale delle funzioni naturali, correggendo disturbi e irregolarità (13). Condizioni indispensabili sono che questi mezzi non siano nè sproporzionati al bene sperato nè diretti nella intenzione di chi agisce o dalla loro unica azione immediata ad impedire la concezione che potrebbe seguire da un rapporto sessuale, nè adoperati in modo che l’effetto curativo avvenga come conseguenza della effettuata impossibilità naturale della concezione. È vero che il principio del doppio effetto permette, sotto certe condizioni, l’amputazione d’organi ammalati o la soppressione della loro funzionalità per sanare o per meglio conservare il resto dell’organismo. È pure vero che il principio di totalità autorizza In più la mutilazione, sia anatomica che funzionale, e l’amputazione d’organi sani, nonché la soppressione di funzioni regolari, per un reale miglioramento dell’organismo; purché questi interventi, in sé dannosi, siano veramente necessari per l’effetto indicato, e osservino la gerarchia dei valori. Ma l’intervento nella effettività normale di una facoltà, togliendone allo stesso tempo la connaturale efficienza da Dio ad essa assegnata, è una implicita opposizione al piano divino e un rovesciamento degli stessi valori umani genuini, subordinando quelli etici del rispetto al piano del Creatore, a quelli psicologici o materiali dell’armonia. di sentimenti. di vantaggi per l’educazione, per la salute, per l’economia, ecc; ribellione e rovesciamento particolarmente gravi quando avvengono impedendo una efficienza che riguarda il prevalente bene della specie e non quello subordinato degli individui.

È ugualmente manifesto che la Chiesa non esclude infine che gli uomini, approfondendo sempre più le loro conoscenze dei processi biologici, possano servirsene, per inserirsi in essi, rispettandone la naturale integrità, allo scopo di assicurarne il normale svolgimento e di accertarne i ritmi, per regolare con maggiore sicurezza l’attuazione della procreazione.

La ricerca sempre più attenta dei processi e delle leggi che regolano la procreazione per usarne al servizio di una attuazione pienamente responsabile dei doveri coniugali è non soltanto onesta ma desiderabile: ad essa Noi esortiamo gli scienziati competenti e riconosciamo la loro giusta e dovuta libertà (14). Per questa via, con il progredire della scienza. potrà essere offerta una soluzione mediante la quale sia le singole famiglie come le Nazioni potranno risolvere con minore difficoltà i loro problemi senza disgiungere di propria volontà nella vita coniugale ciò che Dio ha voluto intimamente unito.

Ma infine è molto importante ricordare che in oggi caso è sempre l’esercizio della virtù, in particolare della castità e della continenza, deve accompagnare la vita coniugale per comporre le esigenze dell’amore coniugale con la trasmissione della vita nel rispetto delle leggi divine. Questo si ottiene mediante l’intervento virtuoso della volontà che, confortata dalla grazia divina, governa e disciplina lo stesso istinto e l’affettività fino ad imporsi, quando è necessario, l’astinenza da ogni attuazione completa della facoltà naturale.

Tale disciplina, che procede dalla volontà, lungi dall’impoverire l’amore coniugale lo nobilita, lo eleva, lo spiritualizza sempre più, non solo perché gli sposi mostrano cosi di non essere dominati dai inclinazioni sensibili che svaniscono, ma soprattutto perché virtuosamente mantengono il loro amore nell’ordine voluto dall’amore di Dio e lo perfezionano con l’esercizio della castità coniugale.

13) Una dottrina morale, la quale domanda il rispetto integrale degli atti coniugali e delle loro finalità. è da taluni giudicata non veramente all’altezza dell’uomo, perché, si dice, è proprio dell’uomo l’uso dell’intelligenza e della volontà per orientare le energie offerte dalla natura verso fini integralmente umani: e questi comprendono non soltanto la generazione fisica ma pure il benessere dei coniugi e il loro equilibrio psicosomatico, e lo sviluppo e la conveniente educazione cosi che ad ogni uomo siano offerte condizioni di un’esistenza non qualsiasi ma veramente umana.

Certamente, nel disegno di Dio, che dispone la trasmissione della vita affidandone il compito alla decisione responsabile degli uomini, è compresa la parte e funzione propria dell’intelligenza e della volontà umana, allo scopo di raggiungere tutte le finalità cui l’uomo è chiamato nel donare la vita. Per questo la Chiesa, mentre proclama l’inviolabilità delle leggi divine, desiderosa che ne sia resa più agevole l’osservanza, segue gli sforzi della scienza medica e incoraggia ulteriori legittime ricerche, augurandosi che lo studio progredito dei fenomeni collaterali ai cicli sessuali renda più sicuro e meno oneroso il ricorso ai periodi agenesici. La Chiesa ha sempre ammesso ed ammette senza reticenze per una legittima e motivata regolazione della natalità tale ricorso ai ritmi naturali immanenti alle funzioni generative che rispetta i principi morali esposti in questo Documento. E Noi confidiamo che con il progredire delle umane conoscenze apparirà ancora più che Dio, Autore dell’amore e della vita, non ha posto in conflitto queste due grandi realtà umane; e che Egli, Creatore di ogni uomo, è pure un Padre che non lascia senza mezzi e senza provvidenza i suoi figli.

Ma pur comprendendo quanto siano difficili e gravi i problemi che la educazione dei figli pone alle famiglie nelle condizioni sociali attuali, e che l’incremento della popolazione pone ai Governi e all’intera umanità nello stato delle nostre conoscenze, dobbiamo tuttavia fermamente dichiarare non essere in potere morale dell’uomo di intervenire nelle funzioni generative e nella loro attuazione per rendere artificiosamente (‘de industria’) infecondi quegli atti che sono destinati a manifestare ed alimentare l’amore coniugale e nel medesimo tempo asservire alla trasmissione della vita.

14) La dottrina che abbiamo esposto potrà apparire difficile da accettare per chi non abbia un concetto adeguato ed esatto della condizione e missione dell’uomo e della sua vera dignità; ma Noi siamo intimamente persuasi che la Chiesa, difendendo la causa della vita e dell’onestà delle vie per la sua ordinata trasmissione, difende in realtà l’uomo e la sua grandezza, difende particolarmente la donna e la sua dignità, difende l’umanità.

- Quello che venisse concesso ai coniugi per la soluzione di un problema familiare, assai facilmente sarebbe invocato dai Governi per la soluzione dei problemi della collettività: essi, che hanno il compito della cura dei beni comuni, si sentirebbero autorizzati, nei casi ritenuti necessari, di favorire e persino di imporre con i mezzi a loro disposizione, il metodo della contraccezione giudicato il più efficace o più opportuno. E così gli uomini volendo sottrarsi alle difficoltà della legge divina, facilmente cederebbero alla volontà dei governanti un potere di intervento nella loro funzione più personale, più delicata e più grande. Se non si vuole sottomettere all’arbitrio degli uomini la missione di generare la vita, si devono ammettere limiti invalicabili alla possibilità di dominio dell’uomo sul proprio corpo e le sue funzioni: limiti che ogni uomo, sia privato sia rivestito di autorità deve sempre rispettare. E tali limiti non possono essere determinati che dal rispetto dovuto all’integrità dell’essere umano e delle sue funzioni. —

- L’esperienza poi insegna che anche nel matrimonio l’amore sensibile e il piacere, quando non siano frenati moderati dalla retta ragione, come accadrebbe con ricorso a soluzioni di facilità, degenerano in egoismo disonesto. Allora l’uomo, immemore della sua natura spirituale ed immortale, subordina l’onesto al dilettevole, e cosi sovverte l’ordine morale. Né si deve dimenticare, contro la seduzione di un facile ottimismo morale e di una esaltazione indebita della sessualità, che nell’uomo perdura, anche dopo la sua rigenerazione nel sacramento del Battesimo, la concupiscenza o fomite di passioni disordinate e sconvenienti alla sua natura creata principalmente per beni spirituali ed eterni. È vero che tale propensione non costituisce di per sé una colpa vera e propria; tuttavia, è verità di fede che essa è una sequela de/peccato originale e inclina a nuovi disordini personali. (15)

- Si può anche prevedere che l’ammissione nella vita matrimoniale dei mezzi direttamente contrari alla procreazione darebbe facilmente occasione al tradimento della fede coniugale e al moltiplicarsi della fornicazione con grave danno morale per i giovani, giacché verrebbe a mancare la remora del timore della generazione illegittima, anzi, quando si negasse l’intrinseca malizia dell’uso di tali mezzi, che separa con positivo artificio il fine unitivo da quello procreativo del matrimonio, vi sarebbe il pencolo che anche da non coniugati ci si appelli alle esigenze dell’amore o altre ragioni per giustificare relazioni illegittime.

15) Cosi la Chiesa, presentando agli uomini con tutta la loro gravita e fermezza, le leggi che regolano il rapporto tra l’amore coniugale e la procreazione, può apparire severa e quasi inumana ad uno sguardo superficiale e un’osservazione particolaristica e momentanea; ma deve apparire profondamente umana e fonte di salvezza a chi guarda lontano e al bene dell’umanità intera.

Essa protegge gli uomini dal tentare strade che possono apparire liberatrice e sono invece distruggitrici della persona, dell’amore vero e della famiglia. tn una parola, della vera dignità e grandezza dell’uomo. Rispettosa e Interprete della sapienza creatrice di Dio, essa dice agli uomini: badate a quello che fate! Se prendete la via nella quale non si riconosce un limite invalicabile al potere dell’uomo nel dominio dei fenomeni vitali da cui ha origine la sua stessa esistenza: se l’uomo si arroga il diritto di non tener conto delle indicazioni inscritto nella totalità del suo essere, quale è creato da Dio. la Chiesa è sicura che l’umanità si avvia verso la decadenza. Gli uomini possono non averne coscienza ora, sotto le diverse pressioni del momento, esaltati come sono dalle loro conoscenze scientifiche e dai loro mezzi tecnici; ma la Chiesa ha il dovere di impedire per quanto da essa dipende, che gli uomini camminino con cuore tranquillo per tali vie.

III. PASTORALE

La nostra parola non sarebbe pienamente umana se, dopo aver richiamato con chiarezza la legge divina, non si rivolgesse agli uomini considerando le loro condizioni per confortarli nella via di una onesta regolazione della natalità. II nostro discorso si rivolge a tutti gli uomini, ma in particolare ai nostri figli.

16) La dottrina della Chiesa circa la regolazione della natalità in sostanza afferma questo: la attuazione responsabile della paternità non è un problema Puramente tecnico da risolvere con mezzi unicamente tecnici, pratici ed empirici. L’uomo può sì servirsi, in una certa misura, di conoscenze e di metodi che rispettino l’integrità naturale dei processi generativi, ma è necessario innanzi tutto che i coniugi abbiano ad educare se stessi ad un retto uso sessuale, conforme alla totalità delle sue ordinate finalità; ed in Ciò consiste la virtù della castità coniugale.

Come tutti sanno, e Noi l’abbiamo sopra ricordato, ciò esige una forte disciplina del corpo e dello spirito, esige una profonda assimilazione di solide convinzioni circa i veri valori dell’uomo, un’abituale dominio della mente, del cuore, dei sensi. L’educazione della castità è un’opera continua, ma non impossibile e non immane: è anzi la via per la quale l’umanità, cresce spiritualmente e diventa più completamente umana, l’uomo e la donna acquistano la loro grandezza e la loro Influenza spirituale ed educativa, la fanciullezza e la gioventù crescono nella serenità.

Noi vorremmo richiamare l’attenzione degli educatori e di tutti quelli che hanno pubblica autorità, sulla necessità di un’opera continua per creare un clima favorevole a questo scopo. Non può essere certamente considerato clima favorevole a tale scopo quello che offende il pudore, oltraggiato non di rado anche con i moderni mezzi di comunicazione sociale. Ogni forma di pornografia e di spettacoli o di costumi licenziosi esige l’energica ed efficace riprovazione degli uomini onesti, preoccupati di una sana civiltà. Quelle forme infatti corrompono l’uomo, Io deprimono, lo rendono schiavo delle eccitazioni passionali. Tutti, specialmente i fanciulli ed i giovani, hanno il diritto ad essere rispettati e a non trovare nel vivere sociale tanti incitamenti scandalosi.

Il diritto ad una sana educazione in questo campo è sacro e perciò non Insisteremo mai abbastanza sulla necessità di una preparazione spirituale delle nuove generazioni al matrimonio in una cura serena e vigile della purezza giovanile, istruendo adeguatamente ma con prudenza su tutti gli aspetti del matrimonio ed inculcando loro il senso della responsabilità.

17) Esistono in molti luoghi condizioni sociali che ben lungi dal favorire la vita della famiglia, rendono molto difficile il raggiungimento ordinato delle finalità del matrimonio, in particolare il crescere dell’amore coniugale e la trasmissione della vita come frutto di amore.

Noi comprendiamo con cuore pastorale queste gravi e molteplici difficoltà e conosciamo la complessità delle situazioni familiari e sociali, aggravate dalle condizioni concrete di abitazione. di convivenza, di abitudine di lavoro della società moderna; sappiamo anche che in molti focolari esiste uno sforzo encomiabile di fedeltà alla retta norma della vita coniugale e di fronte alla debolezza umana siamo Noi stessi richiamati alla misericordia di Dio, “tardo all’ira e ricco di grazia…conoscendo Egli la fragilità dell’essere nostro” (Ps. 102, 8, 14). La Chiesa non può non ispirare la sua azione pastorale a tanta sapienza e a tanta bontà; e non può nelle presenti circostanze non sentirsi impegnata ad elaborare una pedagogia paziente ed efficace per l’osservanza della legge di Dio che è poi quella del nostro vero bene. Ma non possiamo. questione di tanta gravità, dichiarare lecito ciò che onesto non è; non possiamo consentire che le coscienze si deformino e gli spiriti si adagino un appiattimento morale indegno dell’uomo e tanto più del cristiano. Dobbiamo ricordare che la via dell’onestà comporta sacrificio, ma alla fine è la via della vera felicità.

Si tenga sempre presente che non ogni croce può essere tolta dalla vita coniugale, come da qualsiasi altra forma di vita; che la difficoltà della attuazione non sopprime il dovere; e che i coniugi non possono procedere al loro arbitrio nella scelta dei mezzi per risolvere i loro problemi, ma devono no sempre essere guidati da una coscienza conforme alla legge divina della quale è interprete autentico solo il Magistero della Chiesa.

18) Più grave si fa poi la nostra riflessione e più addolorato il nostro animo quando guardiamo alle moltitudini ai popoli in via di sviluppo nei quali l’aumento della popolazione non è accompagnato da un parallelo adeguato accrescimento dei mezzi di vita e di sviluppo umano.

Comprendiamo e sentiamo vivamente i problemi dei loro governanti e il desiderio sincero che essi hanno di promuovere il bene dei loro popoli.

Certo è conforme alla doverosa cura del bene comune che i pubblici poteri promuovano nelle popolazioni quelle condizioni di educazione morale, di abitazione decente e di lavoro convenientemente retribuito, che permettano alle singole famiglie di assumere con piena coscienza, responsabilità e maturità il compito di trasmettere la vita. Ancora però ripetiamo non essere nelle facoltà dei Governi di stabilire il numero dei figli di ogni famiglia né di Imporre un determinato metodo della regolazione delle natalità tanto meno poi se questo fosse contrario alla legge morale; ma essere loro dovere favorire la maturazione del senso di responsabilità.

Per questa nuova via siamo persuasi che si provvede al vero bene dei popoli, perché se ne promuove un retto costume morale, viene pienamente rispettata la libertà delle persone in un campo cosi delicato ed attraverso il richiamo alla responsabilità personale piuttosto che il ricorso a troppo facili soluzioni tecniche, si affermano i genuini valori umani, che costituiscono la maggiore ricchezza di un popolo. I popoli che non rispettano le leggi naturali e divine non possono che preparare la loro degenerazione, mentre la benedizione di Dio non potrà mancare su quelli che lo temono ed osservano i suoi Comandamenti.

Non possiamo poi evitare di aggiungere che la soluzione dei problemi demografici dei singoli paesi e dell’umanità intera, oggi e nel futuro, dipende e dipenderà essenzialmente da una saggia ed efficace volontà di collaborazione tra i popoli sul piano delle risorse economiche e tecniche come già abbiamo illustrato nell’Enciclica “Populorum progressio” cosi che i della terra creati da Dio per la vita e lo sviluppo dell’umanità intera vengano realmente fatti fruttificare e posti al servizio di tutti. Non si dovrà attribuire e mancanza di provvidenza divina ciò che dipendesse da mancanza di saggezza, di giustizia e di generosità negli uomini e nei popoli.

19) Da ultimo il Nostro pensiero si rivolge ai nostri figli particolarmente a quelli tra essi che Dio chiamati ad amarlo e servino nella via del matrimonio, ed ai Sacerdoti che devono essere guide e pastori del popolo cristiano.

Siamo consapevoli che il nostro insegnamento apparirà severo.

Anzi taluni potranno a questo proposito provare qualche difficoltà nella adesione alla dottrina della Chiesa. Infatti, di fronte alle sofferenze di tante famiglie e di popolazioni povere, troppe voci, anche amplificate dei moderni strumenti di comunicazione sociale, parlano in senso contrario al nostro insegnamento: la voce del mondo, che non ha eccessiva cura dei valori morali e della santità della vita familiare; la voce di scienziati, di tecnici, di politici, che con una considerazione troppo ristretta del problema pensano di risolverlo soprattutto, quando non addirittura esclusivamente, con l’adozione di tecniche facili ed efficaci; la voce infine di uomini anche sinceri ai quali l’insegnamento che la Chiesa nell’interpretare la legge divina trasmette da secoli, non appare talora pienamente convincente.

Vogliano considerare questi nostri figli il senso vero e profondo della vita umana e cristiana: il cristiano sa di essere chiamato non ad una vita e felicità puramente temporale, ma eterna; e sa pure che la via che conduce alla vita celeste e stretta e non facile (cfr. Mt. 7, 13–14). Sa inoltre che le sue sole forze non basterebbero a percorrerla fedelmente, ma che “Dio è fedele, cosi che non permetterà che siate tentati al di sopra delle vostre forze, ma al tempo stesso della tentazione vi assicurerà anche lo scampo, si da poterla tollerare” (1 Cor. 10, 13). Sa ancora che lo Spirito Santo vive nella sua Chiesa e la guida misteriosamente nella conoscenza della verità, specialmente di quelle verità che trovano la vista dell’uomo troppo corta e ottenebrata per poterle percepire con sicurezza a causa della loro elevatezza e della debolezza umana derivante dal peccato originale e bisognosa di redenzione e di grazia. Sa che Gesù Cristo ha affidato alla Chiesa una parola e un luce che non vengono dal mondo, ma sono destinate ad illuminare, a dare la vero Vita e la salvezza al mondo, e si ricorda del detto del Signore: “lo ho dato loro la tua parola, e il mondo li ha presi in odio perché essi non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Conservali nella verità: la tua parola è verità” (Giov. 17, 14–17).

È lo spirito santo che ha guidato la Chiesa nei secoli. illuminandola e fortificandola nella educazione di un costume familiare cristiano, fondato sul rispetto della volontà di Dio, sulla fiducia nella sua provvidenza, sulla coscienza dei doveri e dei sacrifici che la vita familiare comporta, sulla purezza e sull’amore reciproco degli sposi e tra genitori e figli, alimentato dal desiderio dalla Speranza di un incontro eterno in Ed è questo costume familiare cristiano che ha progressivamente illuminato l’umanità su alcune fondamentali verità, accessibili per sé alla riflessione umana, ma difficili da comprendere e da accettare quando manchi un’adeguata preparazione spirituale: la eguale dignità della donna e dell’uomo nel matrimonio e nella famiglia, la esigenza di fedeltà assoluta e la infrangibilità del vincolo coniugale, il dovere di un amore genuino ed operante.

Or bene è ad un compito simile che sono oggi chiamati i cristiani di fronte al mondo: il rispetto delle leggi e delle funzioni che regolano la trasmissione della. vita, la conservazione del legame voluto da Dio tra il dovere dell’amore e la disponibilità ad una responsabile paternità, come pure il legame tra paternità e amore vicendevole degli sposi: è la testimonianza evangelica alla quale questi sono chiamati (cfr. Lumen gentium, n. 35). Anche per questo è dato loro un particolare sacramento, fonte di grazia per tutta la vita coniugale.

Frutto di questa testimonianza cristiana sarà che anche nel nostro tempo. come già avvenne nel passato ed accade pure in altri campi del costume morale, l’umanità intera comprenderà a poco a poco che il suo bene sta nel non dissociare che Dio e la natura dell’uomo vogliono unito; l’amore vero tra gli sposi e la sua partecipazione all’amore creativo di Dio. Cosi nell’umanità crescerà la coscienza che la grandezza dell’uomo sta nel coltivare un amore puro e generoso.

20) Ai Sacerdoti, chiamati ad essere testimoni del Vangeli e pastori di anime, incombe un particolare compito in questo momento. Come testimoni, è loro missione di esporre il Vangelo di Gesù Cristo nella sua integrità con tutte le sue dottrine e con tutte le sue esigenze, senza svigorirne la serietà, e talvolta la severità, per malintesa indulgenza. Fedeli all’insegnamento Perenne ed anche attuale della Chiesa, ricordino il valore e il destino eterno della vita umana; insegnino il dono grande fatto da Dio all’uomo quando lo ha chiamato ad essere suo collaboratore nella trasmissione della vita e più ancora chiamandolo a divenire suo figlio nella eternità; insegnino il dovere dell’amore fedele, generoso e casto nella vita degli sposi; insegnino il dovere un vero amore, pieno di responsabilità, anche nella paternità; insegnino secondo la dottrina cattolica la possibilità dell’osservanza di queste leggi e la necessità della grana per tale osservanza; ricordino costantemente la necessità della preghiera nella vita cristiana, secondo il noto insegnamento: Dio ci comanda di fare quanto possiamo, di chiedere quanto non possiamo fare con le nostre forze, ed aiuta perché possiamo eseguire i suoi comandi (16). Esortino infine ad attingere questa grazia nei Sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia sorgente di vita e di santità.

Essi stessi poi usando i mezzi adatti per proporre nell’efficacia dello Spirito, queste verità, troveranno ascolto nelle anime, perché lo Spirito Santo che parla attraverso il Magistero, e lo stesso che vive nel cuore dei battezzati per renderli docili alla parola di Dio.

Come pastori si preoccupino particolarmente dell’educazione della gioventù alla purezza e ad una preparazione adeguata e prudente al matrimonio, concepito come specifica vocazione e come testimonianza cristiana di fronte al mondo. Vivendo lealmente la pienezza della loro castità, i Sacerdoti siano per gli sposi esempio e sorgente di forza spirituale.

Sappiamo aiutare i fedeli a conoscere la propria vocazione cristiana e a corrispondervi con umiltà di cuore e sincerità di sforzi, accompagnati dalla preghiera e da Spirito di mortificazione e di sacrificio; siano zelanti dell’onore divino e dalla castità coniugale, ma insieme sappiano essere pazienti e misericordiosi, della pazienza e misericordia di Dio, verso la debolezza che non giunge ad attuare subito pienamente la propria vocazione. E soprattutto ricordino che in questo campo, come in tutti gli altri della vita morale, non bastano la buona volontà e lo sforzo dell’uomo, a si richiede l’aiuto della grazie. E per questo siano “idonei ministri” della grazia e dei Sacramenti.

NOTE

(1) Cfr. Catechismo Romano, parte III, cap. VIII, n. 13; Leone XIII, Enc. “Arcanum”, ASS, 12 (1879) pp. 388 ss; Pio XI, Enc. “Casti Connubii”, AAS, 22 (1930) pp. 545–46: “Divini illius Magistri”, ibid. pp. 58–61; C.J.C., can. 1067; 1068, par. l; 1069, par. 1; par. 1–2: Pio XII. Discorso alle ostetriche. AAS, 43 (1951) pp. 885–54.

(2) Cfr. S. Pio X. “Singulari quadam”, AAS, IV, (1912) p. 658; Pio XII, Allocutio 2. XI,

1954 AAS, 46 (1954), pp. 671 ss; Giov. XXIII, “Mater et Magistra”, AAS, 53 (1961) p. 457.

(3) Cfr. Pio XI “Casti connubii”. AAS, 22 (1930) pp. 579, 81.

(4) “Lumen gentium”, n. 25; cfr. Pio XI, ibidem: Concilio Vaticano I, Costituzione “Dei Filius” (Denzinger 1820, DS 3045: C.D.C. can. 218).

(5) Cfr. “Gaudium et spes”, n. 49.

(6) Cfr. “Gaudium et spes”, nn. 48–50.

(7) Cfr. Pio XII, Allocuzione ai partecipanti al Congresso del “Collegio Internazionale della Neuropsicofarmacologia”, AAS, 50, (1958), p. 694.

(8) Cfr. Pio XI. “Casti Connubii”, AAS, 22 (1930). pp. 559–61; Pio XII, Discorso alle ostetriche, AAS, 43 (1951), 835–54; Discorso agli Ematologi, AAS, 50 (1958), pp. 732–37 (cfr. etiam il Catechismo Romano).

(9) Cfr. Catechismus Romanus, pars 11, cap. VIII. De matrimoni sacramento, n. 13. Pio XI, “Casti Connubii”, AAS, 22 (1930), pp. 562 ss. Pio XII, al Unione Medico-biologica di S. Luca, 12 Nov. 1944, in “Discorsi e radiomessaggi.” tom. VI, p. 191 ss. Pio XII, Discorso alle Ostetriche, 29 Ott. 1951, AAS, 43 (1951). pp. 842–43. Pio XII, Allocuzione al Fronte della famiglia e Associazione fra le famiglie numerose, AAS, 43 (1951) p. 857 ss. Giovanni XXIII, Pacem in terris”, AAS, 55, (1963) pp. 259–60.

(10) “Gaudium et spes”, n. 51.

(11) Cfr. Pio XII. Discorso alle ostetriche, ibid.

(12) Cfr Pio XII, Allocuzione al Congresso di Chirurgia, in “Discorsi e radiomesaggi.” vol. X 1948, p. 98.

(13) Cfr. AAS, 50 (1958) pp.784–87; AAS, 45 (1953), pp. 674–75.

(14) ) Cfr. PIO XII, Allocuzione al Fronte della famiglia e all’Associazione delle Famiglie con prole numerosa. AAS 48 (1951), p. 859.

(15) Cfr. Ad Rom. VI, 12; Cfr. Conc. Trident., Sess. V, n. 5 Decr. de Peccato originali.

(16) Cfr. S. Agostino, De natura et grazia, c. 40, §50.

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